GIORNATA MONDIALE DELLE DONNE E DELLE RAGAZZE NELLA SCIENZA – 2023

Intervista speciale alla Dott.ssa Claudia Cantarini

Il 22 dicembre 2015, l’Assemblea generale UNESCO ha deciso di istituire una Giornata internazionale annuale per riconoscere il ruolo fondamentale che le donne e le ragazze svolgono nella scienza e nella tecnologia, attraverso la risoluzione A/RES/70/212.
La Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza si celebra l’11 febbraio. È attuata dall’UNESCO e da UN-Women in collaborazione con istituzioni e partner della società civile che mirano a promuovere le donne e le ragazze nella scienza. Questa giornata è un’opportunità per promuovere il pieno ed equo accesso e la partecipazione alla scienza per donne e ragazze. L’uguaglianza di genere è una priorità globale per l’UNESCO, e il sostegno delle giovani ragazze, la loro istruzione e la loro piena capacità di far sentire le proprie idee sono leve per lo sviluppo e la pace.
Affrontare alcune delle più grandi sfide dell’agenda per lo sviluppo sostenibile – dal miglioramento della salute alla lotta al cambiamento climatico – si baserà sullo sfruttamento di tutti i talenti. Ciò significa far lavorare più donne in questi campi. La diversità nella ricerca amplia il pool di ricercatori di talento, apportando nuove prospettive, talento e creatività. Questa giornata ricorda che le donne e le ragazze svolgono un ruolo fondamentale nelle comunità scientifiche e tecnologiche e che la loro partecipazione dovrebbe essere rafforzata.
https://www.unesco.org/en/days/women-girls-science


È un vero piacere per la nostra Associazione celebrare la giornata mondiale delle Donne nella Scienza con un’intervista speciale alla Dott.ssa Claudia Cantarini, Biotecnologa, dottoranda presso l’Unità di Biologia Applicata e Genetica Medica dell’Università di Pavia, dove conduce un importante progetto di ricerca e di analisi del DNA dei pazienti “Not Found” cioè clinicamente affetti dalla malattia, ma privi di una diagnosi genetica esplicativa.

Domanda 1: Da cosa è iniziato il tuo interesse per la scienza?
Sono stata sempre molto curiosa, fin da bambina. Ogni oggetto che mi trovavo di fronte, animato o inanimato, attirava la mia attenzione; mi intrigava scoprire come funzionasse, quale fosse l’unità costitutiva, non mi sono mai fermata allo strato più esterno. Con gli studi scolastici mi sono appassionata alle materie scientifiche, ma la folgorazione vera e propria l’ho avuta durante una lezione di scienze, alle scuole medie, quando la professoressa ha parlato delle leggi di Mendel e più in generale della genetica. La consapevolezza dell’esistenza di un codice scritto nelle nostre cellule che determini chi siamo e la concreta possibilità di imparare a leggere e interpretare questo codice avevano profondamente stuzzicato la mia curiosità.
Ho avuto fin da subito le idee chiare su quale volevo fosse il mio futuro, o quanto meno quale dovesse essere il filo conduttore di tutte le mie attività future. Quindi, dopo il diploma al Liceo Scientifico, ho scelto di frequentare dapprima il corso di laurea triennale in Biotecnologie presso l’Università degli studi di Urbino e poi iscrivermi al corso di laurea magistrale in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche all’Università di Pavia, per poi continuare con il Dottorato di Ricerca sempre nella stessa città.

Domanda 2: Cosa ti ha portato ad interessarti di HHT?
Il mio interesse per l’HHT è nato grazie alla Prof.ssa Carla Olivieri, docente di Biologia Applicata, che si occupa di questo progetto da alcuni anni e con la quale ho avuto la fortuna di svolgere l’internato di tesi di laurea magistrale a Pavia.
Con l’ “HHT team”, grazie anche alla Dott.ssa Anna Sbalchiero, che fin dai primi passi mi ha accompagnato in questi studi, ogni giorno lavoriamo duramente e con pazienza a nuovi progetti per accrescere la conoscenza sull’HHT.
A partire dal mio internato di tesi, ho avuto modo di approfondire lo studio della letteratura su questa malattia, così da conoscerne le basi cliniche e molecolari. In particolare mi sono focalizzata sul tema della variabilità delle manifestazioni cliniche inter- ed intra-familiari. Infatti, il mio lavoro di tesi è stato incentrato sullo studio di un particolare gene, Matrix Gla Protein (MGP), e del suo ruolo di “gene modificatore” nell’HHT, in particolare nello sviluppo di malformazioni arterovenose polmonari. Attualmente il mio progetto di Dottorato consiste nell’analisi del DNA di Pazienti HHT “Not Found”, cioè clinicamente affetti dalla malattia, ma che non hanno mai ricevuto una diagnosi genetica a conferma di quella clinica in quanto le tecniche standard di diagnosi non hanno rilevato “mutazioni” causative di HHT.
Ho avuto anche l’opportunità di partecipare a diversi congressi scientifici Nazionali e Internazionali, fra i quali il “14th HHT International Scientific Conference” in Portogallo, esperienza importante per la mia formazione, che ha alimentato ulteriormente la mia curiosità e che mi ha spronato ad approfondire i miei studi sull’HHT.

Domanda 3: In che modo il tuo lavoro incide sulla vita dei pazienti con HHT?
Sono ancora agli esordi della mia (spero) lunga carriera di ricercatrice, ma mi piace pensare che fino ad ora, nel mio piccolo, stia riuscendo a contribuire nell’impresa mastodontica di decifrare e dare luce agli aspetti meno chiari dell’HHT, cercando e approfondendo nuovi meccanismi molecolari alla base della malattia.
L’HHT è una malattia rara ma non troppo e purtroppo è ancora fin troppo sconosciuta per molti medici e quindi sotto-diagnosticata, anche a causa di una sintomatologia non sempre chiara ed univoca. Il lavoro di noi ricercatori è quello di cercare risposte ai perché della malattia, a partire da ciò che succede a livello molecolare, per riuscire poi a spiegare e chiarire le manifestazioni cliniche dell’HHT nei Pazienti. Allo stesso tempo, però, è importante divulgare i risultati ottenuti, confrontarsi con il resto della comunità scientifica e, insieme, lavorare per diffondere la conoscenza di questa malattia.
Lo scorso anno ho partecipato alla 22esima Riunione Nazionale HHT a Crema ed è stata per me un’occasione importantissima per conoscere personalmente la comunità di Pazienti, i membri dell’Associazione Italiana HHT Onilde Carini, oltre che alcuni fra i protagonisti della ricerca sull’HHT.
Gli interventi di medici e genetisti esperti in HHT sono stati d’ispirazione e hanno contribuito ad accrescere le mie conoscenze sia da un punto di vista genetico-molecolare, ma anche prettamente medico, dalla diagnosi ai trattamenti utilizzati nella pratica clinica. Ascoltare le testimonianze dei Pazienti ha davvero cambiato la mia prospettiva! Ho realizzato che essere una ricercatrice non è solo portare a termine l’esperimento, comparare numeri, stilare statistiche, ma è anche e soprattutto contribuire all’accrescimento delle conoscenze umane a beneficio di ognuno di noi per migliorare la qualità della vita. La possibilità di essere una seppur ancora piccola parte di questo meraviglioso universo mi inorgoglisce e spero che i miei studi, il mio impegno, la mia dedizione, la mia passione, permettano un giorno di fare la differenza.
Il motore che muove tutte le nostre ricerche è la possibilità di creare le basi per lo sviluppo di nuovi ed efficienti strumenti di diagnosi e, magari, di approcci terapeutici che possano risolvere la malattia nei Pazienti. È molto difficile e la strada è tortuosa ma sono sicura che unendo le forze riusciremo a dare una svolta importante allo studio dell’HHT.

Domanda 4: Quali difficoltà deve affrontare una donna impegnata in una attività scientifica?
Nel mio breve percorso nel mondo della ricerca scientifica posso dire di aver avuto la fortuna di frequentare ambienti in cui il mio essere donna non ha influito particolarmente sullo svolgimento delle mie attività o sulle opportunità che mi si sono presentate. Il gruppo di ricerca di cui faccio parte è un team tutto al femminile! Nell’Unità di Biologia Applicata e Genetica Medica in cui mi trovo effettivamente c’è una grande maggioranza di ricercatrici donne rispetto alla percentuale di uomini.
Io penso che le cose stiano lentamente cambiando e che oggi sia più facile per noi inserirci nell’ambiente della ricerca. Certo, le statistiche non sono a nostro favore quando si passa dal dottorato alla carriera accademica, attestando come le cariche di maggiore responsabilità siano ricoperte soprattutto da uomini.
Per quanto mi riguarda ho il privilegio di essere circondata da splendidi esempi di donne ricercatrici in carriera che hanno raggiunto ruoli di responsabilità e che riescono a conciliare il lavoro con la vita privata.

Domanda 5: Quale messaggio vorresti dare alle ragazze interessate a diventare scienziate?
Alle ragazze che come me sono interessate a diventare scienziate io consiglio di perseverare in questo obiettivo e lavorare duro senza arrendersi! Il nostro è un lavoro impegnativo che richiede molta pazienza, ma c’è bisogno di noi perché la scienza, la medicina e tutti i campi dello scibile umano possano progredire. Indubbiamente non è facile, c’è spesso bisogno di sacrificarsi perché la strada è sempre in salita, ma quando ci sono passione, dedizione, curiosità e determinazione si può arrivare ovunque.
Penso sia importantissimo non lasciarsi frenare dalle dinamiche circostanti, dalle statistiche e dal parere di persone che dispensano consigli senza sapere ciò di cui parlano. La nostra forza deve essere la voglia di fare la differenza, di contribuire a rendere questo mondo migliore, impegnandoci nel nostro campo per aiutare gli altri, divulgando i nostri risultati e contribuendo alla diffusione della conoscenza e della cultura.

Conclusione: Ringrazio profondamente l’organizzazione per avermi scelto come una delle rappresentanti delle Donne e delle Ragazze nella Scienza per questa ricorrenza così importante. Spero davvero che la mia testimonianza sull’esperienza nel mondo della ricerca possa essere d’ispirazione per tante giovani che come me si stanno introducendo in questo affascinante mondo.


L’Associazione Italiana HHT Onilde Carini APS coglie l’occasione di questa intervista per ringraziare calorosamente la Dott.ssa Cantarini per la sua attenzione ai problemi dei pazienti HHT nella sua attività di ricerca presso il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia, per la collaborazione con il Centro di riferimento HHT di Crema e con la nostra Associazione per il lavoro di divulgazione dedicato ai pazienti.

Dott. Andrea Giacomelli